venerdì 24 ottobre 2014

Dietro le quinte di Max Mara!


Eccoci di nuovo a parlare di Visual Merchandising. Si perché grazie all'articolo della scorsa settimana ho avuto il piacere di conoscere Eleonora Sarti, una giovane ragazza che ha lavorato in questo settore per il gruppo Max Mara. E mi ha fatto davvero molto piacere poter scambiare con lei due chiacchiere e farmi raccontare la sua esperienza "dal vivo", fatta anche di piccoli (e faticosi) dettagli a cui comunemente non penseremmo proprio.
Ecco quindi che vi propongo il resoconto del suo racconto, divertente e appassionante, proprio come il lavoro che ha svolto. Buona Lettura!


"Cara Anna, come ti accennavo, la mia esperienza nel visual è stata breve, ma molto interessante e variegata. Ho iniziato con uno stage presso uno dei marchi del Gruppo Max Mara all'interno dell'ufficio Visual: da qui partivano tutte le direttive per gli allestimenti dei negozi in tutto il mondo!
Eravamo in un grande (enorme) open space dove all'interno erano riprodotti l'interno dei punti vendia
ta (come saprai, i concept sono uguali in tutto il mondo, quindi facilmente riproducibili) sia una vetrina grande e una piccola.
La missione della giornata era analizzare la collezione, creare gli abbinamenti, vestire i manichini e esporre gli abiti in negozio.
Ti assicuro che è un lavoro LUNGHISSIMO, tanto che per definire il visual merchandising di una collezione ci vogliono almeno un paio di mesi.
Immagina: un open space pieno di appendini, con TUTTA la collezione futura da guardare, abbinare e... a cui cambiare le grucce!
Ogni volta che arriva la campionatura in ufficio, viene appesa sulle grucce di plastica, ma in negozio poi non ci sono! Quindi si perde una mezza giornata
solo a cambiare circa 300 appendini agli abiti.
Una volta fatto questo, inizia il lavoro di visual: si devono quindi creare sia gli allestimenti interni del negozio, sia gli outfit dei manichini (che pesano circa 40 kg e spostarli o vestirli è tutt'altro che semplice!).
Per quanto riguarda l'esposizione, tendenzialmente si evita di mettere i manichini in posizioni "scontate" o che, ovviamente, si nascondano vicendevolmente: tutti gli abiti devono essere ben visibili e cogliere l'attenzione anche da lontano. 
Se una signora attraversa la strada perchè è stata catturata la sua attenzione dalla vetrina, il visual ha vinto.
Il tema della collezione che ho seguito era legato all'arte, quindi in vetrina si trovavano tele strappate (richiamando Lucio Fontana), schizzi di vernice e colori apparentemente casuali. Ma niente è lasciato al caso in verità, dai materiali alla disposizione. E, purtroppo, non è detto nemmeno che chi si ferma a guardare la vetrina colga i richiami. Ma d'altronde, l'importante, è che si fermi a guardare!
Venendo all'interno dello store, si espongono i capi in linea con quanto esposto in vetrina; ad esempio, se in vetrina ho esposto i pois, all'interno dovrò ritrovare gli stessi pois e tutto ciò che possa essere abbinabile.
L'azienda per cui lavoravo era rivolta, diciamo, alle signore: eleganza e anche un pochino di rigore erano all'ordine del giorno. Senza per questo essere noiosi. La cosa più difficile era essere creativi con le strutture che si hanno: queste infatti sono la parte statica del visual e non è semplice rendere sempre diversa la stessa mensola, lo stesso appendino o lo stesso tavolo. Altre aziende, magari che hanno un target diverso, possono giocare su abbinamenti audaci, arredi fuori dall'ordinario. Purtroppo non era il nostro caso.
Un'altra cosa importantissima, che sembra scontata ma non lo è, era il dover PIEGARE TUTTO ALLO STESSO MODO. Sono arrivata a piegare 10 volte una stessa maglia, semplicemente perchè quando andavo a sovrapporla alle altre era diversa. Quindi il visual merchandising, oltre che un lavoro di forza (manichini), gusto (outfit), creatività (stile delle vetrine) è anche un lavoro di pazienza.
Una volta fatto tutto questo, l'open space diventava un set fotografico: arrivava il fotografo con i suoi ombrellini per modulare la luce e scattava una foto alle vetrine e agli interni. Questo serviva per la creazione dei manuali. Per ogni vetrina creata, per ogni allestimento modificato, veniva fatta una fotografia, che nel manuale veniva poi accompagnata da una didascalia che descriveva quali abiti comparivano.
Una volta terminato il manuale, questo veniva tradotto in inglese e caricato sul server dell'azienda: in tal modo, i gerenti dei negozi avevano modo di consultarlo per fare delle modifiche alle esposizioni. Ad ogni modo i punti vendita non erano mai lasciati da soli, perché una squadra di bravissime vetriniste si occupava di creare i primi allestimenti e di visitare periodicamente i negozi per "correggere" o comunque supportare i negozianti."

Penso che Eleonora, nella sua semplicità e spontaneità, abbia descritto perfettamente il lavoro, spesso sottovalutato e incompreso, che sta dietro alle quinte di ogni vetrina o punto vendita.
La ringrazio tanto, per aver condiviso con noi questa splendida esperienza!
E voi? Cosa ne pensate?

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